Fabrizio Efrati, proprietario dello shop “I Love Tokyo” in via dei Giubbonari è anche ideatore di KICKIT, il primo market italiano dedicato alle sneakers e all’abbigliamento urban, uno degli eventi più attesi del settore.
KICKIT non è soltanto un market, ma anche uno stimolante luogo di incontro per giovani artisti emergenti che qui hanno la possibilità di esibirsi (in performance) live e che coinvolge arte, fotografia e musica a 360°. Fabrizio è cresciuto in una famiglia di artigiani e ha mescolato il suo retaggio familiare con la sua attività. Ha saputo fondere passato e presente per reinventare un’attività che ad oggi fa del limited edition il suo tratto distintivo. E’ riuscito a creare una forte connessione tra le generazioni di artigiani che si sono avvicendate nella storica bottega di via dei Giubbonari. Li un tempo si riparavano scarpe e cappotti, oggi si crea una moda incentrata sull’espressione della personalità e della creatività.
La tua storia personale si lega a doppio filo con il cuore della città. C’è un luogo di Roma a cui sei particolarmente connesso e per quale motivo?
L’antico Ghetto di Roma, in particolare il Portico d’Ottavia, dove affondano le mie radici. Tra quei vicoli, in quelle piazze e in ogni sampietrino è custodita una storia, anche quella della mia famiglia.
Il concetto di fusione tra passato e futuro che adotti nella tua attività, si addice molto anche alla città di Roma, dove la storia la fa da padrona. Quale luogo (o quali luoghi) pensi possa esprimere al meglio questo concetto?
Da romano e amante della città di Roma, il quartiere che per me racchiude meglio passato e futuro è l’E.U.R. Ispirato all’urbanistica classica romana, fu progettato e realizzato negli anni trenta del XX secolo come sede dell’Esposizione Universale Roma. É un vero e proprio universo: grandi spazi, palazzi maestosi ed imponenti che seguono i dettami dell’architettura monumentale e custodiscono il passato.
Della tua storia personale ci ha colpito molto il racconto della bottega artigiana dei tuoi nonni, dove si cuciva, ma soprattutto si riparavano scarpe e abiti per dar loro una nuova vita. C’è un luogo della città a cui vorresti fare un “restyling”?
Non c’è un luogo specifico, ma Roma nella sua totalità. Questa città è popolata da più di quattro milioni di persone, raggruppate in tanti microcosmi che vivono in modo distaccato tra loro. Se in questi piccoli universi si riuscisse a vivere più connessi, livellando le diversità, si creerebbe un’unica Roma, come un insieme di particelle che formano “l’atomo Roma”.
Tuo papà è stato il primo a portare in Italia le iconiche Converse All Star dall’America, scatenando una vera e propria rivoluzione in quello che oggi chiamiamo streetwear. Esiste un luogo di Roma che, secondo te, è altrettanto progressista?
Ci sono molti luoghi rivoluzionari, quello più rappresentativo e innovativo è per me senz’altro il Rione Monti, con la sua forte identità. Si distingue per le autentiche botteghe artigiane, i negozi bohémienne, le gallerie d’arte contemporanea, le paninoteche con motociclette d’epoca al proprio interno e i suoi rinomati tatuatori.
Al calare delle loro serrande il quartiere sembra scivolare indietro nel tempo, si addormenta per poi risvegliarsi e ricominciare con un nuovo giorno. Monti è una mescolanza di persone, culture e innovazione.
Qual’è per te uno degli aspetti più stimolanti del vivere a Roma?
Per un romano, la cosa più bella è alzarsi la mattina e affacciarsi alla finestra. Se si vive in un quartiere popolare è possibile ad esempio osservare la signora che fuma alla finestra, quella che stende i panni ed assaporare la Roma più verace, altrimenti basta solo aprire la finestra e far entrare la luce che solo la città eterna sa avere.
Non si può chiudere l’intervista senza chiederti quali sono i tuoi luoghi preferiti della città!
Per me il quartiere più importante è rappresentato dall’area del Portico d’Ottavia. I miei avi sono nati e cresciuti da quelle parti. Ho scelto di rimanere nelle vicinanze e continuare l’attività di famiglia nei pressi di Campo de’ fiori proprio per avere continuamente l’occasione di apprezzare la bellezza e gli scorci particolari che solo questa zona sa offrire. Il secondo luogo a me caro è proprio Campo de’ Fiori, dove vivo e lavoro. Parallelamente allo shop “I Love Tokyo” ho dato vita ad una seconda attività. Si tratta di KICKIT, una fiera dedicata ai giovani, alle loro idee, al loro desiderio di riscattarsi da una società e da una città che sembra addormentata. Avrà sede all’EUR, per me crocevia tra antico e moderno, nonché un altro quartiere che amo di questa città. Ricordo che da bambino, ogni volta che passavo per il Palazzetto dello Sport, ero molto incuriosito dal suo aspetto e, quando chiedevo a mio papà cosa fosse, lui rispondeva “È un’astronave!”: in molti infatti lo chiamavano e lo chiamano così per la sua particolare forma e la sua moderna architettura fatta di vetro, acciaio e cemento.