Carla Caldarelli è una giovane artigiana argentina che vive a Bologna dove ha costruito il suo laboratorio orafo in cui produce piccole e delicate opere romantiche profondamente legate alla natura
Ciao Carla, come è nata la tua passione per i gioielli?
In realtà i miei ricordi più lontani – quelli che sembrano sfocati ma che sono invece molto reali su me stessa – sono quelli di una bambina che fa sempre qualcosa con le proprie mani, sta creando, modellando il fango o cucendo vestiti per le sue bambole…
Ho avuto il mio primo approccio al mondo degli accessori a 17 anni: avevo seguito un corso sul bijoux che mi ha dato la possibilità di lavorare nell’ambiente sin da giovane. Poi, per pagarmi gli studi all’università, facevo collane per grandi catene di accessori e, anche se in seguito ho trovato lavoro come interior designer, che era il corso di laurea che frequentavo, non mi sono mai allontanata completamente dal mondo dei gioielli.
A ventitré anni, mentre ero alla magistrale, una cara amica a cui sarò eternamente grata, mi ha parlato della gioielleria contemporanea. In quel momento per me il concetto di ‘gioiello’ ha subito una trasformazione: da sinonimo di ostentazione e opulenza ha intrapreso un significato più profondo, legato alla via dei sentimenti e dei ricordi e da quel momento non sono più riuscita a separarmi da questo mondo.
Sei nata in Argentina ma vivi a Bologna: quanto c’è in te di queste due realtà?
Sono nata nel nord dell’Argentina e quando avevo cinque anni i miei genitori decisero di trasferirsi a Buenos Aires dove ho studiato, cogliendo gli aspetti positivi di vivere in una grande città. Nel 2011 proprio qui ho conosciuto un ragazzo bolognese, ci siamo innamorati e, subito dopo la nascita di nostro figlio, abbiamo deciso di trasferirci in Italia nell’ottobre del 2016.
L’Italia per me era una tela bianca dove avrei potuto essere me stessa senza pregiudizi, un posto dove sentirmi libera; ma sentivo al contempo la voglia di creare qualcosa di mio, sia per giustificare a me stessa l’aver lasciato una cosa così importante come la famiglia, sia per non sentirmi un peso nei confronti di mio marito.
Aver creato Laboratorio Nido mi dà questa sensazione. Ho il mio spazio dove poter essere quella che sono, dove il tempo scorre al mio ritmo, dove chi entra sorride ed è pervaso dal giallo del mio studio che è un inno alla vitalità. Ad oggi sia io che mio marito siamo felici, sapendo che l’Italia è la nostra casa.
Qual è il segreto per combinare tradizione e innovazione nel tuo lavoro?
Mi sono formata nella gioielleria contemporanea, dove la gioielleria è considerata un mezzo per esprimere un’idea, un sentimento o un messaggio. Ogni opera non è più solo un pezzo definito dalla sua bellezza o che vuole evocare uno status sociale. La gioielleria contemporanea è un’arte che utilizza la conoscenza degli orafi come supporto, ma ti dà la libertà di sperimentare materiali e forme. I miei pezzi sono in una via di mezzo tra innovazione e tradizione: volevo che fossero piccole opere adatte a tutti.
Secondo te come bisognerebbe tramandare il patrimonio artigianale?
È qualcosa che mi chiedo sempre. Da un lato ci sono artigiani gelosi delle loro conoscenze, forse legati ad abitudini d’altri tempi; dall’altro ci sono giovani che, spesso a causa del loro retaggio culturale, non valorizzano una formazione che non sia universitaria. Suppongo che il segreto, come in ogni cosa, sia nel mezzo: sarebbe opportuno sia formare nuovi artigiani, che aggiornare le generazioni precedenti sulle realtà contemporanee, sui nuovi metodi di produzione e sulle infinite modalità che esistono al giorno d’oggi di comunicare il proprio lavoro. Sono una persona estremamente romantica e adoro l’eleganza delle cose semplici. Trovo la bellezza in tutto ciò che mi circonda, dalle piante ai giocattoli di mio figlio, fino a piccoli oggetti come bottoni e pillole. L’ispirazione c’è sempre, la difficoltà è far dialogare l’ispirazione con i materiali e raggiungere un risultato all’altezza delle aspettative.
Cosa esporrai in questa edizione del Wave Market?
Non vedo l’ora di partecipare al Wave Market perché buona parte di coloro che seguono il mio lavoro è di Roma e questa è la prima volta che partecipo ad una fiera nel Lazio. In realtà dovrò mostrare tutto, dalle mie prime creazioni alle targhette, fino al mio grande amore: le succulente, pezzi realizzati con piccoli germogli di piante vere che, attraverso la microfusione, si trasformano in elementi d’argento o di bronzo. E chissà che non porti anche una parte della mia prossima collezione, vedremo!
Per info e contatti:
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