L'Acquedotto Claudio e l'Anio Novus all'interno del Parco degli Acquedotti

Parco degli Acquedotti

Il Parco degli Acquedotti sorge all’interno del Parco Regionale dell’Appia Antica in un’area verde di 240 ettari in cui poter ammirare sette dei grandiosi Acquedotti che rifornivano Roma

Il Parco degli Acquedotti rappresenta il simbolo della campagna romana e offre la possibilità di ammirare anche alcune ville di epoca imperiale ed ulteriori opere architettoniche risalenti al Medioevo

Il Parco dell’Appia Antica nasce istituzionalmente nel 1988 a seguito di innumerevoli battaglie condotte dal Secondo Dopoguerra in poi da studiosi, politici ed urbanisti italiani con lo scopo di tutelare le innumerevoli testimonianze storico-archeologiche della zona, preservare e ricostruire l’ambiente naturale in termini di flora e fauna e creare attività sociali a scopi culturali ed educativi compatibili con i caratteri del parco. Una parte di esso, compresa tra via Lemonia, via delle Capannelle, via Appia Nuova e via del Quadraro prende il nome di Parco degli Acquedotti proprio perché qui vi si trovano i resti di sette degli undici acquedotti che assicuravano l’approvvigionamento idrico della città di Roma.

Gli acquedotti

Il più antico che troviamo nel parco degli Acquedotti è l’Anio Vetus (letteramente Aniene Vecchio, denominato così quando fu costruito l’Acquedotto Anio Novus) che fu costruito dai censori Marcio Curio Dentato e Fulvio Flacco tra il 272 e il 269 a.C. ed è il secondo acquedotto mai costruito a Roma, dopo l’Acquedotto Appio: all’interno del Parco corre sotterraneo ma alcune tracce di esso sono ancora oggi visibili tra Vicovaro e Mandela, nei pressi di Tivoli, laddove l’acqua veniva captata e nel quartiere Esquilino, tra via Giolitti e via Turati, poiché qui l’acquedotto aveva la sua terminazione. Risalente al 144 a.C. ad opera del pretore Quinto Marcio Re è, invece, l’Acquedotto Marcio che traeva l’acqua direttamente da una delle sorgenti dell’Aniene e la trasportava fino ad uno dei punti più alti di Roma, Porta Maggiore, da cui l’acqua veniva distribuita in vari punti della città: un ramo raggiungeva il Quirinale e il Campidoglio, mentre un altro distaccamento il Celio e l’Aventino; all’interno del Parco degli Acquedotti l’Acquedotto Marcio si trova nel tratto successivo all’intersezione tra via Lemonia e Circonvallazione Tuscolana ed è facilmente riconoscibile poiché i suoi fornici, in grossi blocchi di tufo marrone scuro, risultano parzialmente interrati. Proprio in questo tratto è possibile ammirare, sopra il tracciato dell’acqua Marcia, i condotti di altre due acque: l’Acqua Tepula (letteralmente tiepida), il quarto acquedotto di Roma, che fu costruito dai censori Gneo Servilio Cepione e Lucio Cassio Longino nel 125 a.C. e l’Acqua Iulia, il quinto acquedotto di Roma costruito nel 33 a.C. da Marco Vipsanio Agrippa – noto altresì per il restauro del Pantheon – che, da collaboratore e genero di Ottaviano Augusto, decise di dedicare l’intera costruzione alla gens Iulia. Le arcuazioni della Marcia, data la loro resistenza, furono, infatti, sfruttate per permettere lo scorrimento di queste altre due acque e la suggestiva tripartizione del condotto è visibile all’interno del parco in prossimità del Casale di Roma Vecchia. Tuttavia ad oggi la maggior parte dell’originario acquedotto Marcio risulta non visibile, poiché tra il 1585 e il 1587 Felice Perretti, noto come Papa Sisto V, dispose la costruzione di un nuovo acquedotto, che prese il nome di Acquedotto Felice per l’appunto, inizialmente da utilizzare per l’approvvigionamento di villa Montalto, vasta residenza papale, ma che successivamente fu sfruttato anche per rifornire tutta l’area tra l’Esquilino, il Viminale ed il Quirinale. L’opera fu affidata in primis a Matteo Bortolani, architetto di Città di Castello esperto in idraulica, ma passò in seguito a Giovanni Fontana, anch’egli architetto e fratello del più celebre Domenico Fontana, che realizzò anche il terminale dell’acquedotto: la mostra dell’acqua Felice, meglio conosciuta anche come Fontana del Mosé in piazza San Bernardo. All’interno del Parco degli Acquedotti l’Acquedotto Felice si trova nei pressi di via Lemonia all’altezza di via Giulio Agricola dove interseca gli ultimi due acquedotti presenti nella zona: l’Acquedotto Claudio e l’Anio Novus, che corrono uno sopra l’altro sullo stesso tracciato e che furono entrambi iniziati da Caligola nel 38 d.C. e terminati da Claudio nel 52 d.C. Per tecniche costruttive e portata d’acqua l’Acquedotto Claudio rappresenta uno degli esempi più alti della padronanza ingegneristica dei romani e ciò è dimostrato anche dall’altezza delle sue arcate che variano da un minimo di 17 metri ad un massimo di 28, laddove all’acqua Claudia si sovrappone l’Anio Novus: i tratti più imponenti e meglio conservati si possono ammirare ancora oggi proprio al Parco degli Acquedotti, già a partire da via del Quadraro.

Le ville

Accanto alle imponenti strutture degli Acquedotti si trovano nell’area di pertinenza del parco anche due ville suburbane: la villa delle Vignacce, costruita nel 123 d.C. da Quinto Servilio Pudente facoltoso proprietario di fabbriche di mattoni all’epoca di Adriano, e la villa dei Sette Bassi, che prende il nome dal suo proprietario Settimio Basso, potente Prefetto di Roma sotto Settimio Severo, ma che fu costruita già dal 138 d.C. sotto l’imperatore Antonino Pio. I resti della Villa detta delle Vignacce emergono poco oltre il IV miglio dell’antica via Latina e purtroppo della vasta costruzione restano oggi soltanto alcuni ruderi in opus mixtum, pertinenti ai vari nuclei in cui si articolava la villa: essa era delimitata a Nord-Est da un muro di sostruzione lungo oltre m 120, rinforzato in un secondo momento da speroni in opus mixtum, collegati da archi, al centro dei quali si apriva una nicchia absidata, mentre all’estremo Ovest vi era un gruppo di tre ambienti coperti con volta a botte. Queste preesistenze avevano la funzione di ambienti termali e rappresentano il terzo livello dell’imponente villa di Pudente che veniva rifornita da una cisterna su due livelli che ancora oggi si trova adiacente al tracciato dell’acquedotto Marcio, venendo da via Lemonia: la cisterna, dall’originale forma trapezoidale, è in opera mista con cubilia in opus reticulatum intervallati da laterizi e, data l’estrema vicinanza all’acquedotto, si pensa che sfruttasse un condotto privato per approvvigionare la Villa, così come spesso succede per le grandi ville del suburbio romano. A partire dal 2006 l’area è stata interessata da una campagna di scavo, condotta dalla Sovrintendenza Capitolina in convenzione con l’American Institute for Roman Culture che ha permesso di riportare alla luce notevoli resti in eccellente stato di conservazione: è stato possibile ricostruirne parte delle decorazioni architettoniche e scultoree grazie al rinvenimento di alcuni pezzi di pregio, fra cui un capitello, frammenti di colonne, ed elementi statuari fra cui una testa di Zeus Serapide, lastre pavimentali e lastre parietali. Inoltre sono state rinvenute alcune importanti sculture, oggi conservate ai Musei Vaticani, tra cui un’Afrodite, il Ganimede Chiaramonti, un colossale ritratto di Giulia Domna, moglie dell’imperatore Settimio Severo, e una statua di Marsia, un satiro che osò sfidare Apollo e fu per questo punito dal dio che lo appese con le braccia legate, conservata alla Centrale Montemartini. L’altra villa di cui è possibile ammirare i resti all’interno del Parco degli Acquedotti è la villa dei Sette Bassi che si trova al VI miglio della via Latina, attualmente tra via Tuscolana e via delle Capannelle, e rappresenta, dopo la villa dei Quintili, il complesso più ampio tra le ville del suburbio: testimonianze ne certificano l’utilizzo fino al IV secolo quando Costantino la donò alla Basilica di San Giovanni in Laterano attraverso un documento nel quale l’area viene citata come Fundum Bassi Il palazzo, che rappresentava la parte centrale del complesso, presenta tre fasi storiche: una prima costruzione a pianta quadrata e costruita in laterizio risalente al 135 d.C. circa, una seconda a pianta rettangolare in opus mixtum adibita a sale di rappresentanza databile al 140 d.C. circa ed una terza su due livelli con imponenti impianti termali ed un criptoportico ascrivibile ad un periodo compreso tra il 140 ed il 150 d.C. Oltre a questo nucleo centrale vi sono poi altre costruzioni sparse nell’area di pertinenza della Villa che comprendono abitazioni, un piccolo tempio, magazzini ed un ippodromo privato di 120×95 metri di cui oggi sono ancora visibili i carceres, i cancelli da cui uscivano i cavalli; la Villa era, inoltre, dotata di un braccio di acquedotto privato, tutt’oggi visibile e riconoscibile per le sue arcuazioni che si stagliano perpendicolarmente ai resti della Villa, che captava l’acqua necessaria dal vicino Acquedotto Claudio.

Il Parco nel Tardo Antico

Sfortunatamente il sistema ‘villa’ vide la sua fine con la caduta dell’impero romano d’Occidente nel 476 d.C.: le popolazioni barbariche, infatti, e precisamente gli Ostrogoti, ottennero l’egemonia su vaste aree della penisola italica e, una volta tagliati gli acquedotti, li utilizzarono con la duplice funzione di punto di vedetta e di monitoraggio e controllo del passaggio dei rifornimenti verso Roma, che ormai era del tutto assediata. Per questo motivo ancora oggi l’area in cui l’Acquedotto Marcio e l’Acquedotto Claudio si intersecano per due volte, all’altezza di Tor Fiscale, viene detta campo barbarico: proprio qui hanno avuto luogo le vicende relative alla guerra greco-gotica narrate nell’opera di Procopio di Cesarea che, nel 537 d.C., individua quest’area come quella in cui Vitige, re dei Goti, aveva deciso di insediare il suo accampamento, dopo aver murato con pietre e terra le parti inferiore dei fornici degli acquedotti.

Per info, contatti e orari: Parco degli Acquedotti
Articolo di Arda Lelo

Contatti e info utili

Indirizzo: Parco degli Acquedotti, Via Lemonia, 221, 00174 Roma RM, Italy
Sito: www.parcoappiaantica.it/
Email:
Tel:
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