È tutta colpa sua. Strattonandomi per un braccio mi ha praticamente trascinato fuori casa, ho avuto solo il tempo di infilare il berretto della Roma, dal quale non mi separo mai.
Adesso siamo quasi arrivati a Piazza di Spagna. Lei accelera il passo fino a raggiungere la piazza, sfila dalla tasca il cellulare e continua a correre.
– Aspè… Andò vai….
Non mi ascolta, ha gli occhi incollati al cellulare. Allungo il passo per starle dietro. Ho il fiatone, ma la raggiungo: è a pochi metri dalla fontana.
La piazza è piena di turisti tedeschi: pantaloncini corti e infradito. Chino la schiena e poggio le mani sulle ginocchia e riprendo a respirare con calma, poi sollevo il viso e la guardo sorridere al cellulare. Con un respiro ancora affannato:
– Ma n’do corri?
Lei non mi guarda nemmeno e sorride:
– Scommettiamo che non conosci Roma?
Rido o almeno è quello che vorrei fare, ma una fitta alla milza trasforma la risata in una smorfia:
– A bella! Io so de’ Roma.
Indico il lupacchiotto ruggente sul berretto. Non controbatte e guardando la fontana
– Sai perché è famosa la Barcaccia?
Sorrido come a dire “mò te frego io” e con la stessa frenesia di uno studente che sa la risposta, urlo a ripetizione:
– il Feyenoord… è colpa di quelli der Feyenoord
Lei ride e sento ridere dietro di me un tedesco. Mi giro e lo fulmino con uno sguardo, poi lo squadro dalla testa ai piedi: è biondo platino ha pantaloncini marroni sopra il ginocchio e calzini corti bianchi. Sto per dire: “Ma vestito così che te ridi”.
Poi sento la sua voce che senza smettere di ridere:
– Sciocco
E vedo con la coda dell’occhio che sta per toccare il berretto. Indietreggio di scatto. Non lo sfiora sento solo il vento che si sposta. La mia attenzione torna su di lei. Mi fermo e mentre sistemo la visiera, da una rapida occhiata al cellulare, un’occhiata veloce quasi impercettibile.
– No sbagliato…
E con un’espressione da saputella, come di quella che a scuola non ti fa mai copiare.
– E’ una delle opere più importanti del Bernini…
Altra occhiata al cellulare, ancora più rapida e fulminea della precedente, poi si volta verso la statua e fa un gesto ampio del braccio come per mostrarla:
– E’ la prima fontana concepita come un opera completamente scultorea.
“Concepita”? “Scultorea”? La vedo che guarda il cellulare, ma con chi sta a chattà co’ Sgarbi? Devo scoprirlo. Faccio uno scatto e mi lancio sul cellulare. Lei alza il braccio, io con una mano afferro il suo polso con l’altra un’estremità dello smartphone. Con la stessa velocità lei afferra la visiera del berretto.
Restiamo fermi così per qualche istante. Sorride e guarda il mio berretto Come provo a tirare il cellulare verso di me, sento sfilarmi il berretto dalla testa, come smetto di tirare smette anche lei. Ci guardiamo, ci studiamo. Nessuno muove un muscolo, smetto anche di respirare per qualche secondo. Poi sbirciando leggo di sfuggita sul display: cosavederearoma.com.
– Ma ch’è?
Istintivamente, senza pensare le sfilo il cellulare di mano e comincio a leggere ad alta voce:
– La famosissima fontana della Barcaccia si trova nel rione Campo Marzio…
Lei mi ha sfilato il berretto, lo indossa e mi fa anche le boccacce… credo stia anche dicendo forza Lazio ma sono troppo preso dalla lettura e non me ne accorgo.
Scopri di più sulla Fontana della Barcaccia grazie a Cosa Vedere a Roma.
Un racconto di Giangiacomo Tedeschi.