Portico d'Ottavia e Ghetto ebraico

Portico d’Ottavia e il ghetto ebraico

Area sacra, scrigno d’arte, poi mercato del pesce e ghetto ebraico: mille anni di storia e altrettanti racconti sono ciò che rende ancora più affascinanti le suggestive vestigia del Portico d’Ottavia.

L’origine del Portico

Si definisce portico una struttura architettonica costituita da uno spazio aperto, solitamente delimitato da colonne e protetto da una copertura, posto al piano terra di un edificio o sul limitare di strade o piazze con la funzione di riparo o a semplice scopo decorativo. Durante l’età imperiale romana molti dei portici già esistenti furono ampliati e abbelliti e spesso impiegati insieme ad altre strutture porticate a costituire dei peristili intorno ad aree sacre o commemorative. Ne era un esempio proprio il Portico d’Ottavia, l’opera Octaviae, voluto dall’Imperatore Cesare Ottaviano Augusto ed edificato tra il 27 e il 23 a.C. in sostituzione del preesistente Portico di Metello, nella zona del Circo Flaminio.

Il Portico voluto dall’Imperatore come omaggio alla sorella Ottavia

La struttura originaria aveva un impianto quadrangolare di 119 x 132 mt, delimitato su tutti e quattro i fronti da ampi porticati, a navata singola sui lati principali e doppia su quelli secondari. Racchiudeva un’area sacra dove sorgevano un tempio dedicato a Giunone Regina, di tipo italico, dotato di colonne solo sul fronte mentre il sacello era delimitato da pareti in muratura, e uno dedicato a Giove Statore, un classico esempio di periptero greco, fiancheggiato da alte colonne su ogni lato. Con il suo intervento, Ottaviano si occupò di ricostruire entrambi i templi e ampliare l’insieme del portico, dotandolo di due biblioteche, una greca e una latina; di un’esedra dove probabilmente era ospitata una schola o la curia Octaviae, destinata alle pubbliche riunioni; di numerose opere d’arte, come i vessilli di Aulo Gabino, restituiti dai popoli della Dalmazia sconfitti, e la turma Alexandri, un gruppo di 24 statue equestri in bronzo dei cavalieri di Alessandro Magno, ad opera di Lisippo. Proprio a questi interventi imperiali si deve la costruzione dei propilei d’ingresso all’area sacra, aperti nell’area meridionale del portico, verso il Circo Flaminio, nella stessa posizione in cui sono visibili ancora oggi; non è da escludere che la medesima struttura fosse duplicata in modo speculare sul fronte principale dal lato opposto.

Il Portico d’Ottavia ricostruito da Settimio Severo

Danneggiato da un primo incendio nel 80 d.C., il Portico d’Ottavia venne inizialmente restaurato dall’imperatore Domiziano. Un secondo, devastante incendio avvenuto nel 191 d.C. lo distrusse quasi completamente, ma fu ricostruito secondo le forme originali dall’imperatore Settimio Severo nel 203 d.C. Proprio a quest’intervento si devono i ruderi, ancor oggi visibili, dei monumentali propilei d’ingresso all’area sacra, costituiti da quattro colonne monolitiche di ordine corinzio racchiuse tra due muri d’ambito in laterizio rivestiti in marmo bianco di Carrara, sormontate da un architrave con epigrafe dedicatoria e un frontone privo di decorazioni. Lateralmente, attraverso ampie arcate, i propilei si aprivano sui bracci del portico, dove si alternavano fusti di colonne corinzie in granito grigio e marmo cipollino; tutte le strutture dovevano essere coperte da un tetto a falde, probabilmente realizzato in legno e tegole con antefisse in marmo bianco.

Età tardo-antica e mediovale

Con il declino dell’Impero Romano gran parte del patrimonio costruito venne abbandonato, quindi depredato o reimpiegato. E’ il caso del Portico d’Ottavia, che in età tardo-antica e medioevale venne in parte demolito, in parte abitato, in parte utilizzato quale mercato del pesce, attivo sino al 1885 quando venne spostato nella vicina Piazza S. Teodoro, da cui la denominazione della chiesa ivi realizzata e del vicino rione come S. Angelo in Pescheria. Proprio nell’VII secolo, infatti, parte delle strutture del portico meridionale e il prospetto posteriore dei propilei vennero impiegati quale facciata di una chiesa dedicata prima a S. Paolo, poi proprio a S. Angelo, affiancata nel XVII sec. dall’Oratorio di S. Andrea dei Pescivendoli, oggi sconsacrato. Al XIII secolo va invece fatto risalire un probabile intervento di restauro della suddetta Chiesa, che interessò anche il fronte principale dei propilei, dove due delle colonne in marmo bianco, gravemente lesionate, vennero rimosse e sostituite da un arco in laterizio riccamente affrescato, attraverso il quale raggiungere l’ingresso dell’area sacra.

Il ghetto ebraico

Pur senza mai dismettere l’officio ecclesiastico, a partire dal 1555 il Portico d’Ottavia venne inglobato all’interno di quello che era definito Claustro degli ebrei, appena istituito, e finì col diventarne uno dei simboli. Ad oggi, passeggiando tra le vestigia di questo antico porticato, si abbandona volentieri il caos cittadino e turistico per passare ad una fascinosa atmosfera tutta privata e domestica, dove ancora trovano posto i normali gesti quotidiani degli abitanti e le piccole botteghe a conduzione familiare e dove il silenzioso rispetto per il tragico rastrellamento dell’Ottobre 1943 non viene mai dimenticato. Per info, contatti e orari: Portico d’Ottavia. Articolo di Livia Artibani portico d'ottavia e Ghetto ebraico Ghetto Ebraico Roma portico d'ottavia

Contatti e info utili

Indirizzo: Via del Portico d'Ottavia, 29, 00186 Roma RM, Italy
Sito: www.sovraintendenzaroma.it/i_luoghi/roma_antica/monumenti/portico_d_ottavia
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