Lo stile cosmatesco

Collocandosi a metà della ricerca artistica tra le tecniche costruttive romane e le trame di ispirazione bizantina, lo “stile” cosmatesco rappresenta uno dei più pregiati risultati che l’arte medievale, ed in particolare quella dei marmorari romani operanti nel XII-XIII secolo, ci ha lasciato
Il termine cosmatesco fu coniato dal celebre architetto Camillo Boito nel 1860 quando in un articolo dal titolo ‘Architettura Cosmatesca’ descrisse la tecnica per pavimentazioni utilizzata da alcuni marmorari romani vissuti nel XII-XIII secolo. Le famiglie di artigiani che furono considerate ideatrici di questo stile vissero nel periodo compreso tra il papato di Pasquale II e quello di Onorio III (1099 – 1227) e furono due ma, a causa del fatto che spesso nelle iscrizioni ricorreva il nome ‘Cosma’ (Cosmas o Magister Cosmatus), prevalse il termine unico Cosmati per indicare gli artisti coinvolti in queste celebri creazioni medievali. La rappresentazione dei pavimenti – che in alcuni casi si trova anche negli amboni, nelle colonne o nelle transenne marmoree che separano il presbiterio dalla navata – è caratterizzata da un motivo a quincux, o quinconcia, termine derivato dalla monetazione romana che indica una figura in cui cinque elementi di forma circolare sono disposti come di solito appaiono sulla faccia di un dado, cioè quattro sui vertici e uno centrale. Attorno alla tipica quinconcia si staglia un motivo ornamentale a guilloche, termine francese derivante dalla lavorazione dei metalli che prevede un disegno ripetitivo di righe lineari oppure ondulate. Nel caso del pavimento cosmatesco la guilloche è riempita con elementi tagliati a forma di triangolo, quadrato, cerchio o losanga secondo la tecnica già utilizzata dai romani dell’opus sectile. Oltre all’indubbia valenza artistica di queste pavimentazioni va ricordato che esse avevano anche funzione divisoria dello spazio, definendo una serie di livelli differenti in cui protagonista è la navata centrale in cui è presente un andamento rotatorio composto da quinconce e guilloche, mentre nelle navate laterali si alternano motivi geometrici che riempiono i rettangoli conferendo alla composizione un carattere a-direzionale e statico in contrapposizione con quello della navata centrale. Ciò detto esiste un’infinità di declinazioni e di motivi decorativi dello “stile” cosmatesco ed essi possono differire sia in base al luogo in cui ci si trova (se a Roma o in provincia) che in base alle maestranze che vi operano: il fil rouge che tuttavia accomuna tutte le composizioni in stile cosmatesco è rappresentato dal materiale marmoreo e quindi dai colori che questi pavimenti presentano in tutti i casi. Il porfido rosso, quello verde Serpentino, i marmi bianchi, nonché il giallo antico e il pavonazzetto vengono sempre utilizzati e a volte prendono uno il posto dell’altro, ma sempre in modo da avere accordi tonali basati sulla contrapposizione tra chiaro e scuro, riservando di solito i toni scuri per i tondi ed, in generale, il centro della composizione, e i toni chiari nelle guilloche o utilizzati come divisori.
Articolo di Arda Lelo

Alcune chiese di Roma in cui è presente il cosmatesco:
San Benedetto in Piscinula Santi Bonifacio e Alessio all’Aventino
Santa Cecilia in Trastevere
San Clemente
San Crisogono
Santa Croce in Gerusalemme
Santi Cosma e Damiano al Foro
Santa Francesca Romana
San Giovanni in Laterano
Santi Giovanni e Paolo al Celio
San Gregorio al Celio
San Lorenzo fuori le Mura
San Marco Evangelista al Campidoglio
Santa Maria in Aracoeli
Santa Maria in Cosmedin
Santa Maria in Trastevere
Santa Maria Maggiore
Santi Nereo e Achilleo
San Paolo fuori le Mura San Pietro in Vaticano – Grotte Vaticane
Santa Prassede
Santi Quattro Coronati
San Saba
Santa Sabina all’Aventino
Sancta Sanctorum al Laterano
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